Il boicottaggio contro la Russia per il conflitto in Ucraina investe ogni settore: da trasporti ed energia a tecnologia, intrattenimento e abbigliamento.
Le sanzioni dell’Unione europea e degli Stati Uniti contro la Russia per l’attacco all’Ucraina sono sempre più severe. Oltre al blocco dello Swift e dei principali sistemi di pagamento elettronici come Visa, Mastercard e American Express, numerose aziende stanno disinvestendo dal Paese per contrastare le politiche di Vladimir Putin e del suo governo. La lista delle imprese che mollano gli affari con Mosca è in continuo aggiornamento e include parecchi colossi dell’energia e della finanza globale. Gli ultimi in ordine di tempo sono Ikea (blocco della produzione in Russia e Bielorussia), Daimler Truck e Ford.
Auto e trasporti: i colossi contro la Russia
Daimler, il principale produttore mondiale di veicoli pesanti, ha sospeso fino a nuovo avviso le sue attività in Russia, inclusa la cooperazione civile con il produttore di camion Kamaz che rifornisce l’esercito russo. Ford ha chiuso la sua joint venture in Russia fino a nuovo avviso. Nel mercato dell’automobile, BMW era stata la prima azienda a schierarsi dalla parte dell’Ucraina. La società tedesca ha fermato la produzione locale e l’esportazione verso il mercato russo. Honda ha bloccato le esportazioni delle sue auto e moto in Russia, mentre Renault ha chiuso un impianto produttivo a Mosca e Volvo ha garantito la sospensione delle consegne di auto in Russia e lo stop a produzione e vendite nel Paese. Decisioni simili sono state intraprese da Volkswagen, Mercedes, Harley-Davidson, Mitsubishi, Mazda, Jaguar, Land Rover e Aston Martin.
Anche i trasporti marittimi voltano le spalle alla Russia. Dopo Hapag Lloyd, le due più grandi compagnie marittime portacontainer, MSC (Mediterranean Shipping Company) e Maersk, hanno bloccato i loro collegamenti con la Russia, comprese tutte le rotte nel Mar Baltico, nel Mar Nero e nell’estremo oriente russo. MSC Crociere, il terzo brand di crociere più grande al mondo, ha sospeso gli scali delle sue navi a San Pietroburgo. Nel segmento del trasporto su gomma, le statunitensi UPS, FedEx e DHL hanno sospeso spedizioni e consegne da e verso la Russia e l’Ucraina. Quanto alle compagnie aeree, la tedesca Lufthansa, la francese Airbus e l’irlandese AerCap hanno interrotto i voli da, verso e sopra la Russia. Il produttore statunitense Boeing ha sospeso la vendita di componenti alle compagnie aeree russe e i relativi servizi di assistenza e manutenzione.
Nel settore della tecnologia, Apple ha annunciato che sospenderà la vendita dei suoi prodotti e il funzionamento di alcuni suoi servizi in Russia: sono già state disabilitate Apple Maps ed Apple Pay e rimosse le app dei siti d’informazione RT News e Sputnik News dagli App Store. Google, Meta, YouTube, Microsoft, TikTok, Roku, Dell, Nokia e Ericsson (in questi giorni sotto accusa per aver pagato l’Isis per fare affari in Iraq) si sono unite al gigante guidato da Tim Cook e stanno limitando gli accessi a RT e Sputnik. Snap, la società madre di Snapchat, ha smesso di pubblicare annunci pubblicitari sulla piattaforma in Russia, Bielorussia e Ucraina e interromperà la vendita in Russia e Bielorussia. Spotify ha chiuso il suo quartier generale russo a tempo indeterminato.
L’industria dell’intrattenimento non è da meno. Netflix ha messo in pausa tutti gli Originals in produzione in Russia e impedito agli utenti di pagare l’abbonamento con carta di credito. Inoltre non diffonde più sulla piattaforma lo streaming dei venti canali russi di informazione e di intrattenimento previsti obbligatoriamente nel Paese. Warner Bros., Sony e Disney hanno sospeso tutte le uscite previste nei cinema russi, inclusi film molto attesi come i cinecomics The Batman e Morbius, il fantasy Animali fantastici – I segreti di Silente e il cartoon Red della Pixar.
Petrolifero e abbigliamento lasciano la Russia
Le compagnie petrolifere hanno adottato misure simili. BP ha ceduto una partecipazione del 20% nella compagnia petrolifera russa Rosneft e ha chiesto le dimissioni immediate di due membri del cda nominati dalla società . Idem la norvegese Equinor, che si è ritirata dalla partnership con Rosneft. La statunitense ExxonMobil uscirà da una joint venture al largo dell’isola di Sakhalin e non investirà in altri progetti già in corso d’opera nel Paese. Shell ha chiuso le joint venture con Gazprom rinunciando a tre miliardi di dollari di investimenti. La francese TotalEnergies, la britannica Centrica, la tedesca Siemens Energy e l’austriaca Omv (l’azienda che ha costruito il gasdotto Nord Stream 2 con Gazprom, Shell, la tedesca Wintershall Dea e la francese Engie) hanno congelato ogni progetto sul territorio russo. In Italia, Eni ha annunciato di voler cedere le proprie quote nel gasdotto Blue Stream e di aver sospeso diversi investimenti con partner russi.
Infine ci sono i brand di abbigliamento: tutti allineati contro la Russia. Adidas ha interrotto la partnership come sponsor tecnico della Federcalcio russa. Nike ha disabilitato gli acquisti online e minaccia addirittura di ritirarsi dal mercato russo se non finirà la guerra in Ucraina. H&M ha chiuso per ragioni di sicurezza i suoi negozi in Ucraina e ha temporaneamente sospeso le vendite in Russia. Come quella di Airbnb, è più improntata al dialogo e alla transizione pacifica la posizione delle maison italiane. Armani ha chiuso la fashion week di Milano con una sfilata in silenzio, in segno di solidarietà per le vittime del conflitto; Valentino si unisce alla Camera Nazionale della Moda Italiana e ha comunicato con un post su Instagram di aver donato 500mila euro all’UNHCR per supportare i rifugiati ucraini.
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ultimo aggiornamento: 4 Marzo 2022 13:58